ANDRECO, LAST GREAT WHALE, Istallazione poster c/o Mercato Ittico del Mandracchio, Ancona.
Opera in cattivo stato di conservazione.
“Last Great Whale” Balene ad Ancona. Fuga dal Museo è un’istallazione/azione ideata e realizzata da Andreco che dal Museo della Città in centro ad Ancona conduce alla grande istallazione site-specific sulla facciata del Mercato del pesce al porto: un viaggio inedito della balena che cerca il suo habitat naturale, così come l’arte è alla ricerca di nuovi spazi per comunicare. Il poster, mezzo privilegiato dell’istallazione scelto dall’artista e strumento di comunicazione immediata, diviene il tramite per restituire una visione stridente e di certo beffarda di una realtà spesso ignorata.
“Fuga delle Balene” è un intervento di Poster Art, che racchiude molteplici significati, rompe il confine museale per aprirsi verso la città; le balene “nuotano” sui muri seguendo una rotta cartografica psicogeografica, il cui punto di arrivo è l’acqua o comunque un habitat più congeniale all’animale. La balena è un simbolo, come lo sono i suoi organi interni.
L’istallazione/azione percorre spazi urbani periferici, architetture industriali, popola parchi, si mischia tra la gente e trova fonti d’acqua tra il cemento dei palazzi.
Il progetto è stato presentato alla Galleria Comunale d’Accursio di Bologna, alla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Termoli, a Milano durante il Public Design Festival, a Barcellona e al Grassi Museum di Lipsia; grazie a Pop Up! al Museo della Città e al Mercato Ittico di Ancona.
Andreco sceglie la balena come metafora attraverso la quale dispiegare la sua eloquenza, il proprio discorso. Sceglie la balena certamente non a caso ma perché è grazie a questa immagine che riesce a meglio suggerirci la caducità della vita, la necessità dell’organizzarsi consapevole e rispettoso, di un buon abitare che sia un corretto adattarsi per una riuscita mutazione.
L’istallazione viene quindi vissuta come una disseminazione non invasiva, come ricordo nostalgico pure così fiducioso, denso di tensione utopica e d’un umore capace di riabilitare quella nostalgia. Nostalgia che è d’un mondo che non si sa più (le balene partono, in questa occasione, dal Museo della Città di Ancona per ritrovare il loro habitat naturale, per ritrovare il mare che avevano perduto e che però rimane tutt’ora inadatto, inabitabile, sfruttato e inquinato irresponsabilmente) e di una condizione – quella dell’arte – ancora atrofica, asfittica, incapace di entrare davvero – nonostante lo sforzo in tal senso degli artisti degli anni Sessanta – nelle cose e di determinare con forza – chiusa com’è in un sistema autoreferenziale – la direzione da prendere e le dinamiche del sociale.
I suoi poster raffiguranti questi grandi animali, icone di un mondo in dissoluzione che si vuole invece di nuovo vivo e vivo come modello. I suoi sono sassolini, briciole di pane sparse affinché ci sia la speranza – un giorno – di riuscire a tornare.
Il suo è un procedere nostalgico e romantico, che vive il ruolo dell’artista in modo importante, come colui in grado – come lo è Pollicino nella favola di Charles Parrault – di riscattare la condizione dell’attuale, di superare il dramma d’un esistenza difficile e apparentemente compromessa.
Proprio come una balena l’artista resiste, tenta la difesa e predispone il contrasto. Esce forte al di fuori delle sedi deputate all’arte e degli schemi consueti di visione cercando appunto la conquista e la sorpresa, quel qualcosa in grado di provocare un’emozione collettiva.
(Gabriele Tinti)