Quanto e quale senso assume ancora oggi il ragionare attorno alle categorie estetiche derivate dalla Pop Art? Quanto e perchè sentiamo ancora il bisogno di commentare e di mostrare le rinnovate risultanze di questo mondo?

Sentiamo la necessità di condurre questo ragionamento, di commentare in modo approfondito e di mostrare ancora una volta il mondo della popular art perchè questo ci viene incontro come cosa viva, come fatto che richiede un’attenzione particolare. Ci viene incontro come elemento fondamentale della creatività d’oggi che si è conquistata progressivamente sempre più spazi, che è oramai diffusa nella pratica e nelle possibilità e che ha finito anche per incidere su quella creatività che cerca di resistere arroccandosi, all’opposto, su posizioni aristocratiche.

E’ ancora – di nuovo, quindi – tempo di pop.

A sostegno di quanto detto basta guardarsi intorno e ricordare il proliferare recente di eventi artistici museali legati al New Pop e al Pop Surrealism oltre che il forte – recentissimo – interesse da parte delle istituzioni maggiori anche per il Writing e l’Underground Art. Tutto ciò forma un panorama compatto ed esaustivo – se pensiamo alle programmazioni di spazi espositivi come la Tate Gallery oppure, nel privato, della Saatchi Gallery – soffocante per chi voglia di nuovo proporsi in questo contesto.

Impossible World – nonostante le condizioni e le premesse e nonostante si svolga defilata rispetto ai grandi centri – invece ci prova, rischia il soffocamento e accetta la sfida. Perchè tenta sfacciata, di porsi su un piano diverso, nuovo e per certi irriguardoso, decide di procedere per vertigine, proponendo un percorso alternato fra generi “alti” e “bassi”, legata com’è ad un’idea di analisi strabica e di confusione.

Il piano di lavoro e di discussione, che questo testo naturalmente non esaurisce ma semplicemente propone, e il piano di problematizzazione che si vuole dunque suggerire è difatti proprio quello di confondere, nel senso primo di far coesistere piani che sono diversi pur appartenendo allo stesso ambito.

Le molteplici, complesse, ridefinizioni del Pop compiute nell’attuale, vengono con Impossible World poste ad un confronto stretto, di analisi, attraverso il quale non sarà difficile scorgere le caratteristiche univoche dell’immediatezza e della “facilità” che questo genere caratterizza – frutto di codificazioni semplici e a tutti comprensibili – al di là della diversità di prospettive e di sofisticazioni particolari. Ponendoci in questo modo e riconoscendo cioè una genitorialità monogamica a queste correnti, non si vuole banalizzare ed uniformare ma al contrario si vuole raggiungere una consapevolezza più profonda, in grado di stabilire con chiarezza le affinità, così da meglio comprendere le differenze.

La mostra che introduce questo ragionamento – che sarà proseguito negli altri interventi testuali e negli altri progetti collaterali – è quella che unisce Raymond Pettibon a Marcel Dzama. Leggenda portatrice dell’immaginario della West Coast il primo e leggenda con un bagaglio anche East Coast l’altro. New Pop e New Folk in prima istanza a confronto. Dzama e Pettibon quindi per iniziare, Shiri Mordechay ed Arlen Austin per proseguire ed approfondire l’analisi così da capire come il nuovo pop stia mescolando al suo interno tutte le istanze che lo compongono, creando prodotti e comprendendo percorsi sempre più complicati e trasversali.

Gabriele Tinti