Intervista con WK

1. Età? 40
Luogo? New York
Formazione artistica? Beaux Art

2. Come descriveresti WK?
Doppio, estremo, nero e bianco, fondamentalmente movimento.

3. Qual è il tuo interesse nell’arte e cosa ti ha condotto alla street art?
Dipingo e disegno da sempre e le strade sono diventate naturalmente il teatro per trasmettere i miei pensieri.

4. Cosa viene prima, il tuo desiderio di essere artista o la conoscenza dei materiali con cui lavori?
Può essere solo descritto come un rapporto simbiotico tra l’artista e i suoi mezzi di comunicazione: evolvono insieme, non separatamente.

5. L’ultima tendenza di street art ti considera uno dei pionieri. Come esponente tra i primi dell’attuale movimento, da dove ricavi l’ispirazione?
Ovunque, esorcizzando i miei demoni personali a guidare la mia coscienza, anche se quando ero più giovane ero più focalizzato sulla bellezza visuale della motion e la sua rappresentazione su grande scala.

6. Quanto del tuo lavoro è fondato sulla politica?
Non penso realmente a “percentuali” politiche, esprimo quello che penso in un determinato momento, potrebbe riguardare il soffrire umano o l’angoscia o il fatto di creare una leggera polemica in tutto quello che faccio… Potrebbe essere più la loro risposta a una situazione globale attuale che a un argomento scelto da me o la loro coscienza che legge nelle sottigliezze del mio lavoro o semplicemente un’interpretazione erronea.

7. Cosa offre il tuo lavoro alla nostra società?
Di pensare.

8. Senti che il lavoro che stai facendo è qualcosa che dovrebbe essere conservato?
Una volta ho messo un pezzo per strada, credo nel lasciare prendere alla natura il suo corso, non ho controllo su quello che succede.

9. Puoi descrivere la scena street dei primi anni ’90 e quei giorni?
New York era sporca ma l’ho amata così com’era. C’era molto più spazio e libertà per fare i pezzi, e certo ero uno dei tanti artisti che facevano questo genere di cose. Penso forse che la differenza è che lo facevamo per vari motivi sociali e con la convinzione di essere una sorta di vagabondi contenti di stare per strada, a contatto con la gente. Ora la differenza è che molti usano la street con il solo scopo di entrare nelle gallerie e nei musei, e in quel contesto sono riusciti a commercializzare qualcosa che era profondamente contrario al sistema.

10. Se non street art, allora cosa?
Probabilmente lavoro umanitario/volontario o mercenario a “noleggio”.

11. Hai delle ultime parole famose?
Spero di rispondere tra qualche decennio.

12. Da dove prendi l’ispirazione per creare?
Il movimento e l’emozione creati dalla forma umana.

13. Con che materiali lavori abitualmente?
Vernice, carta, colla, legno, metallo, serigrafie, stencil e oggetti trovati.

14. Se dovessi spiegare il tuo lavoro a un estraneo, come lo faresti?
Lo lascerei interpretare.

15. Quando sei più produttivo?
Durante l’inverno e nei mesi più bui posso lavorare 24 ore, senza problema.

16. Il viaggio preferito?
Il prossimo.

17. Musica?
Troppa.

18. Com’eri al liceo?
Un pagliaccio scuro, un piantagrane e un combattente.

19. Dove hai trascorso la tua infanzia e com’è stata la tua educazione?
Sono nato a Caen in Normandia, ma la mia famiglia si è trasferita al sud, a San Paul de Vence, quando avevo solo un anno, così tendo a identificarmi più con il sud. I miei genitori erano entrambi degli artisti e dei grandi lavoratori, una disciplina che ha realmente indottrinato me e mio fratello. Abbiamo lavorato fisicamente mano nella mano con loro a costruire la nostra casa li. Dunque il lavoro duro era indubbiamente un elemento fondamentale per noi.

20. Quanti lavori street stai facendo in questi giorni?
Solo poche settimane fa ne ho realizzati alcuni a Londra.

21. Puoi spiegarmi un po’ il progetto GEAR?
Quel progetto è stato ideato per poter realizzare il mio lavoro per strada, alla luce e mi sono mescolato ai netturbini o a chi consegna i giornali o ai senzatetto.